Storia di Marrubiu

 

Da Zuradili a Marrubiu

 

La storia di Marrubiu è legata alle vicissitudini di un piccolo borgo, ZURADILI, che secondo gli storici Angius e R.Bonu, sorse intorno all'anno 1000 e inizialmente appartenne alla diocesi di Tharrros. Questo piccolo villaggio dovette essere abbandonato per le ristretezze economiche dovute alle alluvioni, a causa della siccità e per il dilagare della peste. Il sindaco di ZURADILI, in data 23 novembre 1659, sottoscrisse, con numerosi zuradilesi, una petizione tendente ad ottenere da Governo vicereale dell'isola, la facoltà di trasferire i superstiti abitandi di Zuradili ai vicini "salti" di Mar-Rubio. L'autorizzazione fu subito concessa e, già nel 1680, ZURADILI era disfatta, come risulta dal Libro dei Battesimi del 24 settembre 1680:
 
" A 24 settembre de 1680, Marrubiu. Io Cura insta a lo presente ano de la Parroquial Iglesias De la presente Villa de Marrubiu a la incovacion de Nostra Senora de la Gracia ba baptizzat una chicca segun lo rittu De la Santa Iglesia de Roma, nat el 22 del suddit mese e ano a la qual se li es posat por nombre Genesia, filla de Franco Peddis y Maria Arrosa Vaca, coniuges. Los padrinos son Antoninu Pisu y Maria Pisu ermanos, fill De Gregori Pisu y Franca Garau, coniuges de la Villa desfatta de Zuradili. En fè. Silvestre Campus prey y Cura. "
 
 
 
 
 
 
 
Nonostante ciò, probabilmente Zuradili ebbe un periodo di splendore tra il XII e il XIV secolo, come testimoniano i genovini in argento rinvenuti nel luogo e battuti dalla zecca di Genova tra il 1139 e il 1349. Quasi certamente questo tipo di presenza è ricordata anche dal toponimo SU GENOVESU localizzato a ovest della SS 131 presso la cantoniera di MARRUBIU. Questo periodo di benessere ebbe fine nel 1297, quando Papa Bonifacio VIII decise di porre fine al contrasto tra gli Aragona e gli Angiò, che si contendevano il dominio della Sicilia, e di consegnare il Regno di Sardegna e Corsica a Giacomo II di Aragona. Per quanto riguarda il Giudicato di Arborea, che era l'unico "RENNU" ad aver mantenuto il suo potere, intorno al 1350 iniziò una difficile battaglia, guidata da Eleonora d'Arborea che voleva conservare ed estendere il suo dominio su tutta l'isola. Durante il XIV secolo Zuradili fu certamente indebolita da questa lotta e dovette affrontare un lungo periodo di carestie e povertà. Nel 1403 Eleonora d'Arborea morì di peste e qualche anno dopo, nel 1409, dopo la battaglia di Sanluri, Arborea fu annessa al Regno di Aragona. Nel 1409, con la disastrosa battaglia di Sanluri, Arborea viene soggiogata dall'Aragona e nel 1420 ebbe fine il Giudicato di Arborea, che venne sostituito dal Marchesato di Oristano e successivamente, dopo la battaglia di di Macomer (1478), venne incorporato nel Regno di Aragona e , nel 1479, nel Regno di Spagna.
 
 
 
 
In generale, anche il periodo spagnolo (1479-1710) segnò un profondo regresso sul piano demografico e culturale e fu caratterizzato dal succedersi di carestie e di epidemie che diedero origine al fenomeno delle VILLAS DESECHAS (centri abbandonati). Inoltre c'era un altro grande pericolo proveniente dal mare: le incursioni dei Mori.
 
 
 
Così scriveva VITTORIO ANGIUS:
 
 
 
"Nel 1540 la Sardegna fu oppressa da una grandissima calamità, da una spaventosa carestia, per cui giunse a tanto che molti mangiavano i cani, i gatti, i sorci ed era infestata dalle violenze di Dragutte, altro terribilissimo pirata"
 
 
 
 
 
Infatti la distruzione della cittadina di Zuradili fu causata essenzialmente dalla pestilenza portata dalla musca macedda, la cui puntura sterminò un gran numero di abitanti; inoltre, sempre intorno al 1500, gli abitanti di quei luoghi assistevano spesso alle spietate incursioni dei turchi e dei saraceni, nonchè di tanti altri pirati del mare che sbarcavano nella vicina rada di Marceddì , presso Capo Frasca, portando terrore, morte, distruzione e schiavitù Dopo questa decadenza, a partire dalla metà del XVII secolo iniziarono i tentativi di ripopolamento di questa zona del sud del Campidano. Il tentativo ebbe l'avvio dai territori del villaggio spopolato di Zuradili e i salti dei Monti di Cheddus e Muros e di Zuradili. Il sito era rifugio di banditi e lo stato di incuria lo aveva ridotto ad una grande palude. Nell'ottobre del 1644 era stato concesso a Filippo Lepori e a Pietro Deidda perchè lo ripopolassero e ne avviassero la bonifica. La concessione prevedeva alcuni privilegi ed esenzioni per i vassalli popolatori. Zuradili fu ricostruita ma poco dopo la morte del Lepori fu abbandonata a causa dell'insalubrità dell'aria. Tutto questo portò, nel 1659, alla richiesta, della petizione di Giovanni Battista Eriu, sindaco di ZURADILI, che chiedeva licenza di poter trasferire la popolazione di ZURADILI nei "Salti di Mar Rubio" conservando al comune i diritti e doveri accordati a Zuradili. Nel dicembre del 1659 i suoi abitanti si spostarono nei salti di Marrubiu dove fondarono l'attuale villaggio che fu infeudato ad Antioco Caboni, il quale morì alcuni anni dopo senza eredi. L'anno sancisce la definitiva costituzione di Marrubiu che, arricchitosi degli esuli di ZURADILI e dei paesi vicini (Morgongiori, Uras, San Nicolò D'Arcidano, Terralba), si estende fino a diventare la borgata ben nota agli inizi del XVII secolo; una borgata tutta fango e paglia, con tegole locali sulla copertura a capanna delle modeste casette. Al nome MARRUBIU possono essere attribuite diverse etimologie, tra le quali le più note sono: MARE RUBRUM e MARE RUBIO. Il paese mutò condizione giuridica poco dopo il passaggio della Sardegna dal dominio spagnolo alla Casa D'Austria. Nel 1700 Carlo II di Spagna morì senza eredi, quindi il trono passò al nipote di Luigi XIV di Francia, Filippo d'Angiò. Ma l'Imperatore d'Austria voleva che il Re fosse Carlo d'Asburgo, e per questo nel 1708 occupò la Sardegna, che passò ai Savoia nel 1720 col Trattato di Londra. Nel frattempo, nel 1712 l'Imperatore Carlo VI aveva concesso Marrubiu in feudo trasmissibile ereditariamente (detto allodio) a Don Giovanni Battista Borro.
 
 
 
LA STORIA DEI BORRO
 
 Borro vennero in Sardegna da Alassio durante il XVII secolo; erano una famiglia di mercanti attirata dalle possibilità di sviluppo economico che la colonia ligure di Cagliari offriva in quel periodo. Negli ultimi decenni del �600 un Nicola aprì a Cagliari una tipografia che fiorì anche grazie alle commesse dell'amministrazione reale. Così Nicola Borro fece arrivare da Alassio suo nipote Giacomo Borro, figlio di Giandomenico; questi fece un matrimonio brillante con Vittoria Brondo e nel 1695 ottenne il privilegio del cavalierato ereditario e della nobiltà. La sua nuova condizione fu sancita definitivamente nel 1698, quando fu ammesso allo stamento militare nel parlamento Mantellano. Giacomo ebbe numerosi figli e rimase in vita fino al 1704. Tra i figli di Giacomo Borro vi fu l'abate Demetrio, il quale entrò spesso in contrasto col vicerè San Remy, del quale denunciò spesso l'operato a Torino; gli altri due figli Pietro Giovanni e Giovanni Battista lasciarono discendenza. Pietro Giovanni (1683-1742) aveva ereditato la tipografia di famiglia che continuò a far prosperare, avvalendosi anche dell'opera del valente stampatore Gaspare Nicola Garimberti; sposò Francesca Aymerich. Con l'avvento dei Savoia, a causa di un contrasto con la nuova amministrazione, la tipografia venne chiusa; dei suoi figli Ignazio divenne canonico della Cattedrale di Cagliari; Francesco, che fu maggiore della fanteria miliziana, morì nel 1790 senza discendenza. Giovanni Battista (1676-1715) era laureato in legge e intraprese la carriera amministrativa; anche lui fece un buon matrimonio con Atonia Zatrillas. Scoppiata la guerra di successione fu tra i più ferventi sostenitori di Carlo d'Asburgo. Dopo che la Sardegna fu passata agli Asburgo, nell'ottobre 1712 ebbe come libero allodio il territorio spopolato di Marrubiu, il Salto di Zuradili e i Montis de Cheddos. La concessione aveva una giurisdizione civile e criminale di mero e misto imperio. I vassalli dovevano pagare il feudo in grano in proporzione alla quantità seminata, la decima per il bestiame e il fitto dei salti utilizzati per la pastorizia. Suo figlio Giacomo (1698-1754), in conseguenza della spedizione del cardinale Alberoni in Sardegna, perdette il feudo; passata però la Sardegna ai Savoia, ottenne di rientrarne in possesso e fece costruire la casa baronale e la chiesa dedicata alla Beata Vergine di Monserrato. Con il dominio sabaudo si verificò una continua crescita della popolazione di Marrubiu. Il censimento del 1731 assegna 487 abitanti, mentre nel 1824 si avevano 800 abitanti e nel 1841 ben 1016. Giacomo Borro dovette pero' affrontare una lunghissima lite con l'appaltatore dei diritti civili del Campidano d'Oristano e con il fisco che si opponevano all'esercizio dei suoi diritti feudali. I suoi avversari, ciascuno dal proprio punto di vista, ritenevano che il territorio fosse di loro pertinenza. La lite si concluse nel 1752 con una transazione: nel 1754 Giacomo Borro rinunciò a tutti i redditi già esatti dal fisco e pagò 4500 scudi, ottenendo il titolo di Marchese di San Carlo. Furono suoi figli Giovanni e Francesco. Giovanni (1728-?) dopo essere stato nominato nel 1741 Cancelliere Apostolico, nel 1765 divenne Vescovo di Bosa. Francesco (1732-1794) ereditò il feudo di Marrubiu; tentò di colonizzare il salto di Zuradili ma non vi riuscì a causa della malaria; nel 1793 fu tra i protagonisti della difesa di Cagliari dai francesi al comando della fanteria schierata lungo il litorale di Quartu; morì senza figli nel 1794. Il feudo passò ai Paliacio, discendenti da una sua sorella del defunto feudatario. Quegli anni furono caratterizzati dall'abolizione dei feudi che interessò anche il Marchesato di San Carlo. Ad essi la regia delegazione, con sentenza del luglio 1838, riconobbe diritti feudali per L. 936. Sotto il Regno di Carlo Alberto di Savoia il feudalesimo venne quindi abolito e i feudatari vennero ricompensati della loro perdita con un riscatto. Nel 1847 la Sardegna e il Piemonte vennero poi uniti in un unico Regno, ma il governo dei Sabaudo non riuscì mai ad ottenere la totale fiducia dei sardi.
 
 
 
Bibliografia: 
- "Marrubiu. Territorio e Tradizioni", di Isidoro Meloni, Ghilarza, 2003. 
- "Storia dei Feudi", di Francesco Floris (pagg. 258; 651-652).
 
 
 
Marrubiu borgata di Terralba
 
 
 
le carte del comune c'è la delibera gelida e inflessibile che denuncia una nuova era: non vi appare più il Sindaco nè il Consiglio comunale. Una sola persona decide e delibera: il Podestà. E' il Podestà Scanu, in data 4 agosto 1928 che delibera di aderire alla fusione del Comune di Marrubiu in quelli di Terralba e San Nicolò D'Arcidano ù con preghiera venga conservata nel comune la sezione di stato civile, conservati gli usi civici e tenere separato il patrimonio della frazione di Marrubiu.
 
 
 
EMMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA' DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA
 
 
 
 
 
In virtu dei poteri conferiti dal Governo con R. decreto legge 17 marzo 1927, n. 383, convertito nella legge 7 giugno 1928, n. 1382, sulla proposta del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato per gli affari dell'interno,
Abbiamo decretato e decretiamo:
 
I comuni di Marrubiu, San Nicolò D'Arcidano e Terralba sono riuniti in unico comune con denominazione e capoluogo Terralba... Le condizioni di tale riunione, ai sensi ed agli effetti dell'art.118 della legge comunale e provinciale, testo unico 4 febbraio 1915, n. 148, saranno determinate dal prefetto di Cagliari, sentita la giunta provinciale amministrativa. Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti Del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare 
 
Dato a San Rossore, addì 13 settembre 1928
 
VITTORIO EMMANUELE 
 
Mussolini
 
 
 
Delibera del Podestà Scanu
 
L'anno millenovecentoventotto (A VI*) addì 4 del mese di Agosto in Marrubiu
Il Podestà Sig A.Scanu assistito dal Segretario Sig Zucca Raimondo.
Visto la proposta Prefettizia circa la fusione di questo comune con quello di Terralba e S.Nicolò d'Arcidano; Considerato che le ragioni che indussero il Superiore Ufficio alla proposta fusione trovano tutti gli estremi voluti per la fusione stessa e che sono le manifestazioni del Governo circa gli accentramenti delle popolazioni 
DELIBERA 
di aderire alla fusione del Comune di Marrubiu con quello di Terralba e San Nicolò d'Arcidano, 
con preghiera venga conservata sul Comune
 
 
 
 
 
 
 
la Sezione di stato civile
 
 
 
conservati gli usi civili
 
 
 
tenere separato il patrocinio della frazione di Marrubiu.
 
 
 
 
 
 
Letto approvato e sottoscritto 
* anno sesto dell'era fascista
 
Marrubiu non aderì quindi passivamente alla proposta. Infatti nella Delibera n 127 dell' 11 novembre 1927 si nota un timido tentativo di evitare quella fusione. 
Si dice:
 
"Questa amministrazione non misconoscendo le giuste ragioni sulla quali si basa il provvedimento, rileva non ritenerla attuabile per ovvie ragioni fondate su solide basi di fatto. Marrubiu conta una popolazione di 1619 abitanti, sempre in aumento giusti i dati del movimento demografico. Ha patrimonio sufficiente per sopperire alle proprie spese; gli abitanti, dediti all'agricoltura e alla pastorizia, passano nei campi intere giornate, ignari di tutte quelle disposizioni che la molteplice e complessa legislazione dispone, ed obbisogna di chiarimenti dall'ufficio comunale, ove fidente si reca come suo legale consulente. In sostanza a questa mite e laboriosa popolazione con la soppressione dell'Ufficio Comunale mancherebbe quell'appoggio morale di cui certamente a malincuore si priverebbe. Con tali simili considerazioni si ha fiducia voglia codesto Ufficio declinare dalla proposta, o quantomeno stabilire per lasciare sul posto una sezione di stato civile e per il disbrigo degli atti di abigeato lasciando indipendenti le spese obbligatorie. Letto, approvato, sottoscritto".
 
 
 
Inizio il silenzioso calvario della popolazione che, dopo vent'anni, portò ai fatti dei giorni 10-11-12-13 dicembre 1947 e al decreto legislativo del 6 marzo 1948 n^407, che ricostituiva Marrubiu come comune autonomo.L'autonomia fa conoscere a Marrubiu una ripresa economica, soprattutto con la valorizzazione dei terreni che vengono coltivati a viti, ulivi, graminacee e ortaggi. Notevole sviluppo si è avuto nell'anno 1958 con la costruzione della Cantina Sociale.
 
 
 
 
L'indipendenza da Terralba
 
Marrubiu ottenne la completa autonomia nel 1948. Al fine di dare una precisa visione di questa importante parte della storia di Marrubiu, riporteremo le interviste fatte ai più noti testimoni della ribellione.
 
 
 
18 GENNAIO 1998
Intervista al Sig. Epifanio Deidda.
 
Il Sig.Epifanio può essere definito un estensore di molti atti del Comune di Marrubiu di cui trattiamo in questa vicenda. Poichè siamo convinti che ha molti ricordi, lo lasciamo parlare a ruota libera. Vogliamo fissare la data esatta culminante con l'atto della restituzione dei documenti da parte del Comune di Terralba a quello di Marrubiu? I documenti anagrafici, o meglio il servizio anagrafico è quello che in data 13 dicembre 1947 è rientrato a Marrubiu. Per quanti giorni è durata la rivolta che ha preceduto quella data? Dal 7 al 13, che era un sabato. E furono le autoblinde a portare i registri. Ma io partirei dal primo giorno, per narrare quello che accadde: Già dal primo giorno (il 7) la gente si svegliò avvertendo un movimento insolito, gestito da un comitato promotore, di cui faceva parte l'Avv.: Piero Sotgiu, come consulente. Questo Comitato, coadiuvato dai cittadini, mossi da un ideale a lungo covato, per riavere l'autonomia, fece in modo di ostruire le strade che portavano a Terralba e viceversa e quella da Marrubiu a Tanca Marchesa, e Arborea. Praticamente i punti strategici erano due?
Erano due; uno all'altezza della casa del Sig. Cestaro e l'altro a circa 150 metri dalla casa del Sig. Mario Basciu, anch perchè i confini del paese finivano lì 2!tre non esistevano costruzioni di fabbricati.j Tutti i cittadini si alternavano a fàre la guardia presso quei posti-blocco. Ma i Terralbesi per andare al monte, non avevano altre possibilità? Potevano passare per Is Narbonis, ma era molto più lungo.. Venivano controllati lo stesso? Diciamo da parte di pattuglie volanti: ma il maggior controllo era concentrato nei posti-blocco. Loro non si aspettavano questa presa di posizione da parte dei Marrubiesi,pto che avevano la convinzione che i Marrubiesi non si sarebbero mai mossi in questo modQjnè sarebbero arrivati ad una simile protesta. Non tardò ad arrivare a Cagliari la notizia, e la sera stessa del 7 dicembre 1947 vennero due Commissari prefettizi, meglio due commissari di polizia. Uno in veste di Commissario prefettizio, il Dott. Fulvio Savastano, delegato anche a reggere le sorti del Comune. L'altro Commissario di polizia era il Dott. Mereu, non ricordo il nome. Questi si pose subito in contatto con me, che ero impiegato al Comune e mi chiese cosa sapevo della sommossa in atto, e si fece accompagnare da me al posto di blocco che porta alla strada di Terralba. Lì trovammo Sorrentino Orlando ed altri, che presidiavano il blocco. Ma appena seppero dell'arrivo di questi Commissari, si misero a loro disposizione, anche per informarli dell'azione, allo scopo di richiamare l'attenzione delle autorità provinciali e governative sulla faccenda dell'autonomia di Marrubiu. Andammo poi alla strada della Tanca Marchesa, e li c'era un certo Spiga Giovanni, detto "Burrubascu", che camminava lì , avanti e indietro, come ad eseguire superiori e perentori ordini di consegna.
Il Dott. Savastano si incuriosi per l'atteggiamento di quell'uomo. Infatti, chiese chi fosse quel tipo del tutto simile, per atteggiamenti, ad un generale. Si trattava di un ex combattente, decorato con medaglia d'argento.
Il giorno successivo e il terzo giorno, cioè il 9 dicembre, ci fu una sommossa che portò al blocco dell'erogazione della corrente elettrica per Terralba: una folla enorme si era recata presso la "cabina", ma soprattutto di donne (Elisa Pia, Beata Canu, Zia Ersilia Usai, donna che "pottada tiausu",, cioè molto battagliera, ma anche molto civile, perchè con la sua parlantina coinvolgeva molto di più che con le azioni; Luigina Casti, ecc.) Il cancello della cabina era chiuso con una catena: le donne riuscirono a sfondare il cancello; capo cabina era Ettore Mulas,, e costrinsero i funzionari a staccare la corrente. E' chiaro che quelli della cabina furono messi in imbarazzo.
E poi?
Siamo nel giorno 9 e 10: le sommosse continuarono. Si era vociferato di bloccare anche le ferrovie. Però non successe niente. Continuò la protesta, fatta lì nei posti di blocco. Ad uno di questi si era presentato il Dott. Atzeni loele, medico, era stato anche Sindaco di Terralba. Aprirono il posto di blocco, perchè stava andando da un malato. Invece, non facevano passare le macchine, nè mi risulta che in quei giorni passassero dei carri, carichi di legna. Si arrivò al giorno 12. Venne il Prefetto, e insieme con il parroco, il delegato del Sindaco, andò a Terralba.
Chi era il delegato del Sindaco?
Mi sembra che fosse Antonio Cuccu. E' da accertare. Comunque, Antonio Cuccu, Antonio Tore, Giovanni Atzori erano stati eletti, quando si fecero le elezioni e Marrubiu si rifiutò di votare, per cui furono mandati con i voti dei Terralbesi.
Quando?
Nel 1946; e Marrubiu non votò per protesta. Dove si svolsero le elezioni? A Marrubiu, presso il Municipio vecchio. Come dicevo, il Prefetto andò a Terralba per sentire cosa intendesse fare. Terralba accolse il Prefetto con slogans, tipo: "Foras is Marrubiesus, fuori tutti i Marrubiesi" E' vero che gli rovesciarono la macchina?
No. Misero in panne tutte e quattro le ruote. Riuscirono però a ripararle: rientrarono a Marrubiu. Il Prefetto restò sconcertato. La folla di Marrubiu invase la piazza del Municipio per sentire cosa si era fatto. Il Prefetto disse che le cose stavano degenerando, per cui, ognuno per la propria parte, si assumesse le proprie responsabilità, I Marrubiesi nel chiedere l'autonomia e i Terralbesi nel loro comportamento. Aveva fatto anche sapere che il giorno dopo avrebbe mandato la celere, che era un reparto di polizia con autoblinde.
Quante potevano essere le autoblinde?
Mi ricordo che erano tre; qualcuno dice di più. Disse ancora il Prefetto: Domani le autoblinde devono trovare liberi i posti di blocco, altrimenti passate dalla parte del torto. Dimostrate di collaborare con la polizia, facendo questo gesto di liberare le strade di accesso. E così avvenne. Il giorno 13 arrivarono le autoblinde, e i poliziotti vennero accolti come i liberatori, nel senso che li vedevano andare a Terralba a prendere il servizio dell'anagrafe che per loro era l'autonomia.
Fecero dei festeggiamenti?
Li fecero in un secondo tempo.
Esisteva ancora il sabato fascista, per cui nessuno lavorava e nessuno andò a scuola, essendo il giorno 13 un sabato?
Non ricordo. E' la gente che si rese libera. C'è da dire che i lavoratori dipendenti erano molto pochi. Si trattava di agricoltori e pastori, ecc.; potevano benissimo lasciare il lavoro.
Ma le scuole, erano chiuse?
Sì , le avevano chiuse, dati gli avvenimenti. Poi, si trattava di poche classi elementari, che erano presso il Municipio.
 
Tra le curiosità, c'è da rilevare che negli anni 1948/1950 chi arrivava con mezzo ferroviario dalla parte di Oristano o da Cagliari per scendere a Marrubiu, alla stazione trovava la scritta "TERRALBA - ARBOREA - MARRUBIU", in ordine decrescente di caratteri. Anche i controllori dei vari treni o littorine, a quell'altezza cii tronco ferroviario, Km.76+819 - P.B 12 - avvertivano i passeggeri pronunciando la stessa scritta. Chi negli anni ha raccontato la storia dell'autonomia, anche per sentito dire, non ha mai mancato di rimarcare come punti salienti: la restituzione da parte di Terralba scritta "Marrubiu - Terralba - Arborea", com'è attualmente e, nei giorni di sciopero, il blocco maggiore stradale attuato con un sacro tronco: un tronco di pioppo (Tinarbu = di legna bianca, da populus alba, pioppo bianco). Quest'ultima convinzione può ritenersi archiviata, poichè era stato adoperato un lungo tronco di eucalipto, ricoperto con fronde di pioppo. E fu questo particolare che indusse la gente a parlare di un pioppo. In tutte le interviste fatte, abbiamo cercato di rispettare al massimo il modo di esprimersi degli intervistati, la loro foga e molto spesso le convinzioni acquisite negli anni. Sui comitati spontanei, le opinioni sono divergenti; molti affermano che essi ci furono e anche in numero superiore di uno. Ma almeno di uno esibiamo esistenza certa.
Come rileverete dalla documentazione, riprodotta quasi fotograficamente, si tratta di due risposte, redatte in date diverse, spedite al Signor Guerino Porta, da noi intervistato, che gentilmente ce le ha concesse. 05 GENNAIO 1998
 
 
Colloquio con il Sig. PORTA Antioco Guerino, noto Guerino 
 
Sul problema dell'autonomia di Marrubiu, secondo lei si era costituito qualche comitato o movimento di liberazione odi rivendicazione dell'autonomia?
Sì , l'avevamo costituito noi, qui.
Come movimento politico di partito? Come partito socialista italiano.
E gli altri partiti che c'erano allora?
Cera il partito comunista, ma il più che andava era il nostro, di cui io ero segretario.
Quanti eravate?
Eravamo molti: c'era.,. aspetti, adesso non mi ricordo. Avevamo costituito allora la sezione composta di cinque persone. Gli altri partiti, come la democrazia cristiana, non hanno fatto quello che abbiamo fatto noi, o per lo meno non lo possono dimostrare. Tant'è vero che suo padre (Agostino Pilloni) che era segretario, molte volte si consultava con me. Si era molto interessato; ma soprattutto c'era un altro molto interessato, che poi ha perso il posto (di lavoro). Come si chiamava?.., quel Orlando il furioso'. Quello con la gamba di legno, di Cagliari.., dunque, il marito di quella Giusti.
La moglie che assiste, interviene: "Sorrentino, Orlando Sorrentino."
Ma c'era anche un altro. Orlando Sorrentino era del Partito Sardo d'Azione... Giulio Pani, morto poi a Carbonia, che la moglie è Angela Frati, abitante a Cagliari.
yK' Quando sono iniziati i cosiddetti giorni di fuoco io non c'ero: ero a Nebida.
Quando poi hanno riportato i documenti da Terralba a Marrubiu, io già non c'ero più.
Mi hanno cercato tantissime volte, perchè quelli di Terralba non volevano mollare il Comune... non ricordo nemmeno quando le donne di Marrubiu assaltarono la cabina elettrica, perchè non c'ero.
Com'era amministrato Marrubiu?
C'era uno di qui, certo Sechi, il Maresciallo Sechi, Salvatore Sechi; rappresentava Marrubiu nel consiglio di Terralba.
A Terralba il sindaco era Severino Lay.
Quante lettere avevate scritto, come Comitato?
Ne avevamo scritte molte. Ma chissà dove sono adesso, dopo cinquant'anni.
Dovete poi interrogare Cicchiu Ardu (Francesco Ardu)... Ci chiedevamo, noi istrangius. Ma porca la perchè qui deve comandare Camillo Cau, che è di Terralba, e noi di Marrubiu non comandiamo niente? E allora avevamo costituito la Lega, il cui primo Segretario fu Beniamino Cicu, e nel consiglio del Sindacato c'erR anche Beata Canu. C'era anche Sig. Murtas Eraldo?
Mi sembra di no. C'era Ziu Ninneddu Atzei (In realtà non era più guardia, ndr) che
funzionava come guardia, veramente come messo comunale: era zio del Sig.
Ernesto Cappai. lo ricordo di avere fatto la sagrestia nuova della Chiesa di
Marrubiu...(1948)
 
 
 
Articolo di giornale
 
 
Campane a stormo tra Marrubiu e Terralba 
L'INSURREZIONE BIANCA SI E' COLORATA Dl SANGUE. 
Un giovane ucciso da un carabiniere. Quattro agenti feriti, quaranta 
manifestanti arrestati. 
Le barricate sono state tutte rimosse. 
L'insurrezione bianca si è colorata di sanguefl, dopo che la forza pubblica ha iniziato all'alba 
a rimuovere le barricate che sbarravano i passaggi 
nella zona di Marrubiu. Le operazioni sono state pacifiche sulle prime. Poi, quando gli agenti, superata Marrubiu, hanno mosso alla volta di Terralba, altre barricate si sono qui venute levando, con rapidità febbrile, mentre le campane suonavano a stormo a chiamare a raccolta la popolazione. Barricate che si sono mantenute in piedi solo per poco, perchè gli agenti dovevano presto rimuoverle, in atmosfera turbolenta che andava oscurandosi 
di tratto in tratto. 
Sono volati alcuni sassi sul limite. La sassaiola 
è stata fittissima. Due agenti dei carabinieri sono rimasti feriti; uno è stato giudicato guaribile in venti giorni. 
Intanto, altri contingenti di polizia raggiungevano la strada verso Arborea dove erano state organizzate altre barricate. Stavano a presidiarle nuclei 
ostili di manifestanti che non si mossero, allorchè non si ingiunse loro di allontanarsi. 
Uno di essi, Trudu Terenziano (**) da Terralba, pare si sia lanciato contro un carabiniere, 
il quale per intimorirlo sparava in aria. Il giovane arretrava di qualche passo, portando la mano alla tasca della giacca. 
Allora fu sparato un secondo colpo, 
che lo ferì mortalmente. Mentre lo si trasportava all'ospedale, 
il giovane morì . Gli fu trovato in tasca una bomba a mano. Questa è una delle versioni del fatto. Ne circolano altre 
cui si stenta a dar credito. 
Certo è che sono stati operati quaranta arresti e che l'ordine è stato ristabilito. 
 
(**) Terenzino 
(Da L'UNIONE SARDA - 
Domenica 14 Dicembre 1947) 
 
(*) E' stata tralasciata volutamente una parolina: "ieri" 
Bibliografia 
Autonomia del Comune di Marrubiu 
a cura di DAVIDE PILLONI